lunedì 24 giugno 2013

Oboli di Caronte di Mario Marchisio

Oboli di Caronte di Mario Marchisio

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«Oboli di Caronte, di Mario Marchisio, è suddiviso in tre sezioni: Carni scosse (racconti), L'anno bisestile (aforismi) e I martiri dell'inferno (dialoghi).
La follia e il soprannaturale, declinato anche nella variante mitologica, costituiscono i temi principali di Carni scosse, i cui personaggi appaiono dominati dal gusto perverso della beffa e della vendetta. Un mondo fittizio che sa mettere a dura prova i nervi del lettore, catturandolo in un'atmosfera visionaria e a tratti febbrilmente sensuale, come se le invenzioni di Flannery O'Connor fossero riscritte da Mandiargues. Queste carni vanno intese nel duplice senso di corpi e di esistenze: lacerate nel profondo, disumanizzate dalla reciproca sopraffazione.
Ogni personaggio mostra un cinismo, una tale mancanza di sostegni etici che potrebbe essere stato ideato soltanto da un misantropo. Non rivelerò le fabulae contenute nei nove racconti, ma il lettore si prepari ad accettare per plausibili – anzi, quasi necessarie – mostruosità fisiche e morali a getto continuo. Va inoltre osservato come qui si dispieghi fin dall'inizio una radicata ed esplosiva misoginia, esibita e attentamente coltivata di veleno in veleno, a colpi di spillo o di machete.
Ai racconti di Carni scosse fa seguito L'anno bisestile, raccolta di “aforismi e micronarrazioni” (come suona il sottotitolo) in cui Marchisio ha modo di scatenare tutta la sua virulenta aggressività verbale e il suo gusto per la polemica e il paradosso. Mi ero appuntato una serie di frammenti irrinunciabili, e tuttavia ho finito per scoprire che essi sarebbero davvero troppi per una semplice citazione. Ma il lettore avvertito, dopo aver richiuso questo florilegio di pensieri ustionanti, non faticherà certo a trovargli adeguata collocazione tra i maestri dell'aforisma moderno, dei quali Marchisio, col suo ghigno beffardo, accoglie e rinnova la viva e inquietante eredità.
I martiri dell'inferno, ultima parte di questo libro, si presentano sotto forma di dialoghi, con più o meno ampie inserzioni narrative (nel primo e nel terzo va segnalata la figura di Incmaro, gustosissimo alter ego dell'autore). I temi dibattuti rinviano a sottili problemi teologici, una delle grandi passioni del nostro autore. Hans Urs von Balthasar scrisse una volta che l'inferno esiste ma probabilmente è vuoto. Verrebbe da domandarsi se Marchisio non capovolga la questione, minacciando un paradiso pressoché deserto! L'ultimo dialogo, Sotto il cielo di Dio, schiude comunque prospettive nuove e sorprendenti, quasi il nostro autore stesse ormai virando in direzione di un inedito e non meno atrabiliare dogmatismo, teso a porre sullo stesso piano le religioni monoteistiche al fine di spremerne una ancor più severa precettistica.
Gli antichi ponevano nella bocca dei morti una moneta, affinché potessero pagare il traghettatore dello Stige. Oboli di Caronte si rivela dunque un titolo appropriato, poiché allude alla dimensione funebre e in un certo senso iniziatica di questa miscellanea ribelle a qualsiasi classificazione. Interpretando correttamente le immagini incise su ogni obolo (vale a dire ogni racconto, aforisma e dialogo), il lettore sarà infatti pronto a compiere il suo viaggio nell'invisibile. Senza mai muoversi dalla poltrona».

JAN MALWAERT

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